Superbonus edilizio e cessione del credito
A rimetterci sono gli acquirenti di buona fede
PENALEFISCALE
12/9/20244 min leggere


Gli impervi effetti del D.L. n.34/2020, introdotto dal governo Conte in tema di sgravi fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, si riversano su chi, in buona fede, abbia acquistato i crediti ceduti.
Proprio così! Le truffe ai danni dello stato sono state stimate attorno ai 15 miliardi di euro (vd. audizione Senato direttore AdE qui: www.ilsole24ore.com) ed a rimetterci, per la parte relativa ai crediti già entrati nel sistema, sono i cessionari di buona fede: quasi sempre gli istituti di credito.
Tralasciando l'evidente flop della misura adottata dal Governo durante la pandemia, ci si chiede se sia effettivamente legittimo il sequestro preventivo (art.321, comma 1, c.p.p.) di crediti entrati nella disponibilità di soggetti estranei ai meccanismi fraudolenti posti in essere "a monte" ovvero da chi, proprietario o impresa edile esecutrice dei lavori, abbia simulato un efficentamento energetico sull'immobile.
Procedendo con ordine il c.d. superbonus prevedeva una detrazione pari al 110 % della spesa sostenuta per interventi nominati di efficentamento energetico (vd. art. 119 D.L. n.34/2020) con la possibilità di optare, in luogo della semplice detrazione spettante - di norma - al proprietario dell'immobile cui era imputata la spesa, alternativamente ad uno sconto in fattura pari al 100% oppure per una cessione del credito d'imposta in favore di banche ed intermediari.
Appare chiaro come tali ultime misure (lo sconto in fattura e la cessione del credito di imposta) siano state quelle maggiormente utilizzate dai proprietari: le semplici detrazioni hanno rappresentato appena il 4% del totale, contro il 96% dell’utilizzo degli sconti tramite cessioni. Su tale ultimo versante l'art.121 del citato decreto prevede una totale protezione del terzo acquirente in buona fede (ovvero nei casi in cui questo sia totalmente estraneo ai fatti illeciti ed ignori la natura fittizia dell'operazione) tanto da accordargli una garanzia di soddisfacimento sul credito acquistato. In particolare, secondo l'art.121, commi 5 e 6, D.L. n.34/2020 "ll recupero dell'importo di cui al comma 5 è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dell'art.9, D.Lgs. n.492/1997, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi". Da qui il principio secondo cui, in assenza di concorso nella violazione, al soggetto cessionario in buona fede non può essere richiesta la restituzione, da parte dell'AdE, del credito. A ribadirlo è pure una circolare della Agenzia delle Entrate (circ. 24/E, 8 agosto 2020) che assoggetterebbe il recupero, nei confronti dei cessionari, solamente in caso di concorso.
Di recente, tuttavia, si è assistito ad una serie di sequestri preventivi "impeditivi" nei confronti dei soggetti titolari dei crediti ceduti; questi, in buona fede, si son visti "bloccare" milioni di euro (da portare in detrazione) pur non avendo in alcun modo concorso alla truffa. Questo poiché, secondo plurime pronunce della Suprema Corte di Cassazione (da ultimo Cass. Pen., Sez. II, n.28064/2024), lo scopo del sequestro preventivo impeditivo consiste nel limitare le conseguenze del reato; conseguenze che, di contro, verrebbero protratte nella misura in cui il credito di imposta verrebbe utilizzato dai cessionari come detrazione, generando un ulteriore danno allo Stato. Come noto, infatti, la detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio viene "spalmata" lungo un periodo di tempo pari a 10 anni: secondo i Giudici di Piazza Cavour la disponibilità di crediti originati da una truffa protrae le conseguenze del reato.
E' facile, tuttavia, constatare - tralasciando il punto di stretto diritto di cui si dirà a breve - che a rimetterci sia, in questo caso, chi abbia acquistato il credito ceduto. Si badi bene che, per quanto il corrispettivo sia - ovviamente - minore rispetto al "costo" indicato in fattura con evidente profitto per il cessionario, l'importo della compravendita sfiora, il più delle volte, le sette cifre.
Dal punto di vista giuridico occorre rilevare che il sequestro preventivo impeditivo (art. 321, comma 1, c.p.p.) non riuscirebbe comunque a sortire gli effetti per cui la misura risulta funzionale: questo poiché - qualificandosi come misura cautelare - al termine del processo penale (nei confronti dei "truffatori") deve esser ri-convertita in confisca, oppure restituita a chi risultava titolare ante sequestro.
Quanto alla prima ipotesi si esclude che il credito sequestrato possa esser confiscato (art. 240 C.P.) quale "prezzo del reato" in quanto mero "strumento" (il prezzo, semmai, sarà la somma corrisposta a chi abbia scientemente ceduto il credito per operazioni di ristrutturazioni simulate). Del pari neppure la disposizione di cui all'art.240, comma 2, n.2, C.P. risulta esser confacente in quanto l'esser titolare di un credito (seppur originato da un contratto "simulato") da utilizzarsi in buona fede non costituisce reato, vieppiù vista la disposizione del D.L. n.34/2020 secondo cui è data totale protezione ai terzi di buona fede. Neppure potrebbe esser confiscato secondo il n.1-bis dello stesso articolo poiché, seppure strumento del reato, il cessionario in buona fede risulta estraneo al delitto vista l'applicazione dell'art.240, comma 3, C.P. secondo cui "Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1-bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartiene a persona estranea al reato".
Dunque, se vero è che il sequestro impeditivo di crediti nella disponibilità di cessionari in buona fede elimini - durante il processo - il rischio di aggravare le conseguenze del reato, dall'altra parte la reale effettività della misura verrebbe meno poiché, al termine del processo penale, tali crediti devono essere restituiti al cessionario che riprenderà ad usufruirne negli ordinari termini (il credito, durante il sequestro, verrebbe "congelato" anche con riferimento alle annualità fiscali) così come previsto dalla legge.
Una vittoria cadmea per lo Stato che, con tale misura, posticipa l'inevitabile.
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