Rinunce del lavoratore in sede sindacale

L'accordo può essere sottoscritto anche in azienda o è necessaria la presenza fisica presso la sede sindacale?

LAVORO

9/30/20242 min leggere

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La questione sottoposta allo scrutinio della Corte di Cassazione: in breve, la società si era impegnata a “non dare seguito ai preavvisati licenziamenti collettivi di cui alla lettera di apertura della procedura di mobilità del 24.11.2015 a condizione che tutte le maestranze manifestassero la propria accettazione alla proposta di riduzione della retribuzione mensile nella misura del 20% dell’imponibile fiscale per il periodo dall’1.3.2016 al 28.2.2018 eventualmente prorogabile per un massimo di altri due anni”; che l’accettazione della proposta doveva avvenire mediante “la sottoscrizione del verbale di conciliazione, da ratificarsi successivamente con le modalità inoppugnabili indicate negli artt. 410 e 411 c.p.c.”; che il lavoratore aveva accettato la proposta di riduzione della retribuzione in misura del 20% allo scopo di scongiurare il rischio di licenziamento; che nel verbale sottoscritto dalle parti si dava atto che “il rappresentante sindacale ha previamente e dettagliatamente informato il lavoratore in merito agli effetti definitivi e inoppugnabili ex art. 2113 quarto comma c.c. della conciliazione”.

Vero che l'art.2103 C.C. rende legittimo il patto di riduzione della retribuzione concluso nell’interesse del lavoratore - per evitare il licenziamento collettivo ndr. - alla conservazione dell’occupazione, stipulato nelle uniche sedi di cui all’art. 2113 c.c. o davanti alle commissioni di conciliazione, sancendo la nullità di ogni patto contrario. 

Cosa si intende per sedi? E' sufficiente la mera presenza del sindacato oppure è necessario che la stipula avvenga in uno dei luoghi indicati dalla norma? 

Generalmente le rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti inderogabili sono da ritenersi nulle purché rilevate entro il termine di decadenza di sei mesi, così riservando al lavoratore la possibilità di riflettere sulla convenienza dell'atto compiuto e di ricevere consigli al riguardo (così Cass. n. 11167 del 1991 in motivazione).

Tale forma di protezione giuridica non è, tuttavia, necessaria (art. 2113, ultimo comma c.c.) in presenza di adeguate garanzie costituite dall'intervento di organi pubblici qualificati, operanti in sedi cd. protette. Le disposizioni richiamate dall’ultimo comma dell’art. 2113 c.c. individuano quali sedi cd. protette, la sede giudiziale (artt. 185 e 420 c.p.c.), le commissioni di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro, ora Ispettorato Territoriale del Lavoro (art. 410 e 411, commi 1 e 2, comma c.p.c.), le sedi sindacali (art. 411, comma 3, c.p.c.), oltre ai collegi di conciliazione e arbitrato (art. 412 ter e quater c.p.c.).

Secondo la Corte nel sistema normativo sopra descritto, la protezione del lavoratore non è affidata unicamente alla assistenza del rappresentante sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene, quali concomitanti accorgimenti necessari al fine di garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili e l’assenza di condizionamenti, di qualsiasi genere. Tali luoghi non ammettono equipollenti (es. conciliazione in azienda) in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo al dominio e all’influenza della controparte datoriale (Vd. Cass. n. 1975 del 2024, concernente una conciliazione ai sensi dell’art. 412 ter c.p.c.).

Cass. Civ., Sez. Lav., 15 aprile 2024, n.10065