Inquadramento unico INPS
Rettifica dell'INAIL a seguito di diverso inquadramento da parte dell'istituto previdenziale
CONTRIBUTI
11/15/20242 min leggere


Con l’ordinanza del 06 novembre 2024, n. 28531, la Suprema Corte afferma che l’INAIL, al fine di procedere con l’inquadramento di un datore di lavoro, è tenuta seguire la classificazione operata dall’INPS.
Come noto il datore di lavoro che inizia un'attività di impresa/lavoro autonomo con l'impiego di lavoratori subordinati è tenuto ad iscriversi all'INPS. Al momento dell'assunzione, infatti, si instaura automaticamente il rapporto assicurativo-previdenziale onde provvedere al successivo versamento della contribuzione dovuta (IVS, NASPI, ecc.). Il regime contributivo applicabile è determinato dall'inquadramento operato dall'INPS in relazione alla natura dell'attività esercitata dall'impresa.
Vero è, infatti, che il datore di lavoro abbia facoltà di libera scelta del contratto collettivo da applicare (ad es: CCNL Commercio in una attività classificata come industriale) tuttavia, a fini previdenziali, questi verserà la contribuzione dovuta in relazione alle retribuzioni imponibili di riferimento: in breve, se il contratto collettivo applicato prevede un retribuzione inferiore a quella stabilita dal CCNL di categoria, l'INPS calcolerà i contributi previdenziali sul minimale di quest'ultimo contratto, in luogo di quello in essere tra le parti.
L'INPS inquadra i datori di lavoro in 6 settori: industria, artigianato, terziario, agricoltura, credito, attività varie. Tale classificazione è valida anche nei confronti dell'INAIL che, da prima iscrizione, provvede ad assegnare un codice attività provvisorio nell'ipotesi in cui l'istituto previdenziale non abbia ancora comunicato l'inquadramento definitivo.
Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione affronta la questione relativa alle conseguenze indirette sul premio annuo INAIL, derivanti dal mutamento di inquadramento dell'INPS. L'INAIL, infatti, stabilisce il premio annuo in relazione al rischio insito nella lavorazione da eseguirsi, anche con riferimento al settore di attività cui il datore di lavoro risulta inquadrato.
I ricorrenti deducevano che l'avvenuto inquadramento dell'INPS a fini previdenziali non poteva valere anche a fini assicurativi INAIL (contro gli infortuni e malattie professionali) poiché il rischio era da considerarsi eguale, indipendentemente dal nuovo inquadramento fornito dall'ente pubblico. In effetti, in difetto di mutamento sostanziale sulla organizzazione, il rischio rimane lo stesso degli anni precedenti.
Tuttavia la Cassazione ha stabilito, secondo la littera legis insita nell'art.49, L n.88/1989, che "la classificazione dei datori di lavoro operata dall'Inps sulla scorta dei criteri dettati dall'art. 49 della stessa legge ha effetto a tutti i fini previdenziali ed assistenziali... e, quindi, anche ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali" (Cass. nr. 29771 del 2022 che richiama Cass., sez. un., nr. 4837 del 1994, pronunciatasi sul contrasto insorto in merito alla ricostruzione esegetica della legge 9 marzo 1988, nr. 89, art. 49, nonché, tra le altre, Cass. nr. 8068 del 2011 nella parte in cui afferma il valore costitutivo dell'inquadramento INPS)".
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