Ferie
Decide il datore di lavoro quando mandare in ferie il dipendente?
LAVORO
1/15/20254 min leggere


Le ferie costituiscono un diritto irrinunciabile del lavoratore, tale è sancito sia in Costituzione sia nella normativa UE (art.36 Cost. e art.7 dir. 2003/88/CE).
Il diritto del lavoratore a periodi di assenza retribuita è un principio fondamentale e inderogabile della UE, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali - i singoli Stati membri - è effettuata nel rispetto e nei limiti indicati dalla direttiva 2003/88/CE: ad esempio non è compatibile con la direttiva una norma nazionale che preveda una perdita automatica del diritto alle ferie (Cass. 2.7.2020, n. 13613); le ferie, infatti, servono a garantire il recupero delle energie psicofisiche del lavoratore oltre ad assicurare al soggetto il pieno sviluppo della personalità, sia come singolo che nelle formazioni sociali (famiglia, amicizie ecc.).
Salvo disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva applicata, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane (art. 10, D.Lgs. n. 66/2003): ad eccezione di particolari categorie di lavoratori (protezione civile, vigili del fuoco, strutture giudiziarie, penitenziarie, ordine e sicurezza pubblica eccetera - art. 2, co. 2, D.Lgs. n. 66/2003) tale periodo deve essere goduto per almeno due settimane - consecutive in caso di richiesta del lavoratore - nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione (art. 10, D.Lgs. n. 66/2003).
E' possibile distinguere tre diversi periodi di ferie, ovvero:
1) un primo periodo, di almeno due settimane da fruire nel corso dell'anno di maturazione: questo, se così richiesto da parte del lavoratore, deve essere goduto in maniera continuativa. E' indispensabile che il lavoratore lo richieda per tempo, sì da consentire al datore di organizzarsi. La contrattazione collettiva può ridurre tale limite minimo solo in presenza di eccezionali ragioni di servizio (Min. Lav., nota 18.10.2006, prot. 25/I/0004908);
2) un secondo periodo, anch'esso di due settimane, che può essere fruito anche in modo frazionato, salvo particolari previsioni della contrattazione collettiva.
Le due settimane in questione (ossia 14 giorni) vanno godute entro un periodo di 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione. Tuttavia il CCNL applicato, in relazione a questo secondo “blocco” di due settimane può anche spostare il termine di godimento oltre i 18 mesi previsti dalla legge. Invece, nel caso in cui il termine stabilito dal contratto collettivo sia più breve dei 18 mesi, il superamento di esso non dà luogo alla sanzione prevista dalla legge ma alle sanzioni eventualmente previste dal contratto collettivo (Min. Lav., circ. 3.3.2005, n. 8; Fond. Studi CDL, Parere 11.2.2007, n. 3).
3) un terzo periodo previsto, eventualmente, dal il contratto collettivo. Tale si somma alle quattro settimane di ferie previste per legge: tuttavia esso può essere fruito in modo frazionato con possibilità di monetizzazione (Min. Lav., circ. 3.3.2005, n. 8). La regola generale è che tutti i periodi di ferie superiori alle 4 settimane annuali sono rinunciabili e, dunque, possono essere monetizzatili dal lavoratore (sempre che il datore di lavoro acconsenta alla monetizzazione in luogo della fruizione).
E' il datore di lavoro a decidere quando "mandare in ferie" il proprio personale, tuttavia, in ottemperanza al dovere di buona fede e correttezza (art.1375 C.C.), deve preventivamente comunicare (non c'è un termine minimo o massimo ma la predeterminazione è lasciata alla contrattazione collettiva o agli usi) al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. Qualora la fruizione delle ferie, come da contratto collettivo o da programma concordato tra datore e lavoratore, sia impedita da eventi di malattia, da infortuni o maternità, oppure da eventi aziendali imprevedibili (significativo aumento di commesse in una determinata settimana, assenza di personale per malattia ecc.) le parti concorderanno tra loro l'individuazione di un nuovo periodo, considerando sempre in via prioritaria gli interessi dell'impresa (Min. Lav., circ. 3.3.2005, n. 8).
E' chiaro che, anche in presenza di eventi oggettivamente inevitabili, il lavoratore dovrà, comunque, usufruire di almeno due settimane di ferie nell'anno di maturazione: in presenza di uno dei summenzionati eventi, datore e prestatore di lavoro si accorderanno per trovare, nel più breve tempo possibile, un opportuno accomodamento.
Cosa succede se le ferie non vengono godute? Come già detto le ferie sono un diritto irrinunciabile del lavoratore e, come tale, ne è impedita la loro monetizzazione. Ci sono, tuttavia, delle eccezioni dovute a cause più o meno indipendenti dalla volontà del lavoratore: si pensi ai casi di licenziamento oppure alla cessazione del rapporto di lavoro per altre cause o, ancora, al rifiuto del datore di lavoro a concedere le ferie al proprio personale.
Nel primo caso (il più frequente è il licenziamento o le dimissioni) le ferie residue (maturate e non godute) verranno monetizzate nell'ultima busta paga di riferimento; nel secondo (rifiuto del datore di lavoro) il lavoratore potrà dimettersi per giusta causa (senza perdere il diritto alla Naspi) oppure allertare l'I.T.L. o gli altri enti pubblici competenti. In ogni caso la mancata fruizione delle ferie per colpa del datore di lavoro da diritto al risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale in favore del lavoratore danneggiato.
E se il lavoratore si ammala mentre è in ferie? Se l'assenza per malattia si verifica prima dell'inizio del periodo feriale, il lavoratore va considerato in malattia e le sue ferie inizieranno al termine della malattia, fatta salva la necessità del consenso del datore per l'eventuale prosieguo delle ferie oltre la data di piena ripresa dell'attività produttiva. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 2109 C.C. nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo feriale ne sospenda il decorso (C. Cost. 16.12.1987, n. 616). Secondo la Cassazione a sezioni unite, tuttavia, con riguardo alla malattia insorta durante il periodo di godimento delle ferie, il principio dell'effetto sospensivo non ha valore assoluto ma tollera eccezioni, per la cui individuazione occorre aver riguardo alla specificità degli stati morbosi e alla loro incompatibilità con l'essenziale funzione di riposo, recupero delle energie psicofisiche e ricreazione, propria delle ferie.
Tuttavia tali eccezioni, per quanto ammesse, devono essere dimostrate dal datore di lavoro; in difetto il lavoratore che comunichi il suo stato di malattia durante il periodo feriale determina la conversione dell'assenza per ferie in assenza per malattia. Sarà onere del datore di lavoro dimostrarne l'infondatezza, ivi allegando la compatibilità della malattia con il godimento delle ferie; in tal caso il giudice dovrà valutare il sostanziale e apprezzabile pregiudizio - anche temporale - che la malattia abbia arrecato alle ferie ed al beneficio derivante in riferimento alla natura e all'entità dello stato morboso (Cass. S.U. 23.2.1998, n. 1947).
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